The way by Tino's This title is inspired by the first book of À la recherche du temps perdu by Marcel Proust, entitled "Swann's way".

Riflessioni su Proust e la Recherche - I

  1. In un libro come All'ombra delle fanciulle in fiore, la luce illumine ogni angolo: dalle passeggiate al Bois con Madame Swann fino alle spiagge di Balbec, la narrazione segue itinerari di piena primavera ed estate; questo ci dovrebbe ispirare un simile luogo di lettura? Si provi a leggere quelle pagine all'esterno di un tranquillo bar, ai tavolini, in qualche centro storico di una città europea: la lettura sarà faticosa. Questo non dovrebbe soprenderci perché Proust stesso scriveva in una stanza foderata di sughero, isolato da ogni minimo rumore. La sua scrittura in realtà richiede concentrazione e adattamento al suo stile che, nonostante la fenomenale prosa, non è scorrevole.

  2. Dostoevskij ha una prosa di una genialità tale che pure io, che sono un lettore lento, finisco cento sue dense pagine in tre ore. Ma ha anche un morboso fascino per il sangue e l'orrido di certe nature umane, e per questo non riesco a credere in lui.
    Proust è, se possibile, ancora più sensibile, a volte anche troppo, nella sua ricerca continua della sfumatura della sfumatura. A differenza di Dostoevskij, lui le dissonanze quasi le nasconde, in un groviglio di analogie che rende ogni pagina un'impresa. Ma alla fine amo ogni suo personaggio: nella loro ordinarietà e imperfezione sono più umani dei demoni di Dostoevskij, e più profondamente mi commuovono.

  3. Nella prima parte delle Fanciulle, c'è un passo in cui Proust riflette su come cambia la nostra percezione delle azioni di una persona verso di noi quando la amiamo e quando, in un momento successivo, non la amiamo più. Saremmo portati a pensare che, dice, il gesto della persona amata verso di noi - ad esempio la proposta di un incontro - ci lasci indifferenti quando non amiamo più, ma se lo avessimo ricevuto quando amavamo questo avrebbe causato in noi una grande euforia. Ma questo è inesatto perché, a ben vedere, anche quando amavamo ogni gesto della persona amata non era mai sufficiente a placare il nostro desiderio, e magari era proprio questo desiderio avido a impedire alle nuove e rinnovate dolci parole della persona amata di materializzarsi. Può essere che la felicità indifferente di oggi avvenga in corrispondenza di azioni dell'amata diverse da quelle che avrebbero causato ulteriore desiderio in passato, e in un certo senso è difficile stabilirlo con certezza perché l'io passato non c'è più, ma - in ogni caso - la nostra felicità sarebbe svanita.

  4. Lo stile di Proust, con i suoi frequenti e dilatati incisi e parentesi, ci costringe a prolungare la nostra memoria di lettura in modo simile a come un grande passo sinfonico richiede l'allungamento del nostro arco di attenzione, per unificare, in esso, l'inizio e la fine.

  5. Spesso, leggendo la Recherche, ci si imbatte in passi che generano una specifica sensazione dai contorni malinconici. Potremmo definirla, questa sensazione, come quel sentimento che talvolta ci coglie alla sera, quando le luci si vanno spegnendo, le energie fisiche e mentali sono sempre più svanite e ci si lascia andare al riposo. Addirittura l'opera si apre con il racconto di una scena simile: il narratore che cerca di prendere sonno dopo essersi addormentato presto ed essersi risvegliato nella sua stanza buia attorno a mezzanotte.
    Sospetto che questa sensazione derivi dalla natura stessa della Recherche, che non è altro che un gigantesco flashback di migliaia di pagine, e quindi un racconto di qualcosa di già compiuto. Queste frequenti scene di rievocazione malinconica sono il frutto di un uomo maturo, il Proust quarantenne che scrive di eventi dell'infanzia o adolescenziali che sono ormai perduti per sempre, assieme a molte delle persone che li hanno popolati. È proprio il carattere "perduto" di queste storie che, a mio avviso, dà loro questo tono rilassato e mite, malinconico ma non lacrimevole, che si percepisce di frequente nella lettura.

  6. La luce fissa e immutabile dell'estate, alla fine delle Fanciulle:

    E per mesi e mesi, in quella Balbec che avevo tanto sospirata perché l'immaginavo perennemente investita dalle tempeste e sperduta nellle brume, il tempo era stato così radioso e stabile che, quando Françoise veniva ad aprire le finestre, potevo sempre attendermi, senza mai ricevere smentite, di trovare lo stesso lembo di sole ripiegato sullo spigolo del muto esterno, d'un colore immutabile che non tanto suscitava l'emozione d'uno segnale estivo quanto piuttosto suggeriva la monotonia d'uno smalto inerte e artificioso. E mentre Françoise toglieva gli spilli delle imposte, staccava le stoffe, tirava le tende, il giorno d'estate che veniva scoprendo sembrava qualcosa di non meno morto, non meno remoto d'una mummia millenaria e sontuosa che la nostra vecchia domestica stesse liberando con cautela da tutte le sue fasce prima di farla apparire alla luce, imbalsamata nella sua veste d'oro.